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Ritratti

Fotoartista - Mattia

Mattia

Sono pochi, lunghi secondi, in cui l’attesa fa trattenere perfino il fiato. È il momento di dipingere insieme il nuovo Fotoartista, e sta per essere svelato il nome del prescelto. Ogni volta le reazioni sono state delle più varie: sorrisi teneri o ironici, teste scosse con rassegnazione, esclamazioni entusiaste. Ma questa volta ci è voluto più impegno del solito per riportare l’ordine nei ranghi.

…Mattia!

E giù applausi, risate e sghignazzi. Giulio intona addirittura la Quinta di Beethoven: per lui questo è il Fotoartista Definitivo.
Federica definisce Mattia con una semplice espressione: è il tormentone di Div.ergo! E dicendolo batte le mani e continua a scuotere la testa, divertita: perché parla molto!
Mattia è il più giovane in Laboratorio, ed è l’ultimo arrivato. Era il tempo del lock-down, e ha fatto la sua prima comparsa durante i nostri incontri a distanza. Lo abbiamo conosciuto su Meet, ricorda Giulio, sembrava il figlio di Caparezza. La sua chioma, in effetti, si fa notare subito. Lo chiamo “Palla di pelo”, ci tiene a specificare Federica.
Pur da ultimo arrivato, però, Mattia sembra aver già lasciato un segno notevole in Laboratorio. Anzitutto quello del suo pennello: Adesso che c’è lui è meglio, si può velocizzare il lavoro. Giuliano, come suo solito, non dimentica la concretezza. Ammiro quando fa il suo lavoro bene, confessa Lucy. Dà consigli sul lavoro, su come dipingere le cose. Aggiunge Giulio. È bravo.
Giulio è il suo sodale nella pittura: in Laboratorio li vedi sempre uno di fronte o accanto all’altro. Sono amici.
Lui mi ha chiesto di uscire insieme, e io non me lo aspettavo. Ricorda. Il tono del racconto cambia quando tocca l’amicizia, e assume un carattere un po’ più intimo. Ci sono giornate nere, in cui pensa ad altro, ma nel lavoro si mette e si impegna. Se il lavoro è andato male, o non sta bene, si vede dalla faccia. È affettuoso, ogni tanto. Viene e ti coccola, nei momenti belli e brutti, suoi o degli altri: abbraccia forte. 
Mi chiede come sto, si accoda Arianna. A me chiede “Tutto a posto?”, aggiunge Giuliano. A me “Come stai?”, continuano Federica e Lucy. “Come va la vita?”, è la domanda riservata a Giulio.
Sembra che per ognuno abbia una domanda diversa, un piccolo rito con cui celebra la relazione con ciascuno.
Apprezzo che ascolti la musica rock, come me, sottolinea ancora Giuliano. Apprezzo la sua gentilezza. È generoso, perché ogni tanto offre le cose, continua.
Anche le caramelle gommose… aggiunge Lucy.
Ogni tanto si offende. Gli scherzi li accetta, a volte sì e a volte no. C’è stato un periodo in cui ha esagerato, e gli altri gli hanno risposto, racconta Giulio.
È pur sempre il più giovane di noi, Mattia, e qualche volta abbiamo bisogno di ricordarcelo, noi e lui.
È molto giovane, è la considerazione di Giuliano.
Deve imparare da noi. Deve imparare tante cose perché è il più piccolo, aggiunge Giulio, crescendo si diventa più maturi. Quindi può confrontarsi con quelli più grandi.
Federica è sempre molto diretta e chiosa così:

Chiedi, no?

Vito Paradiso

Fotoartista - Gabriele

gabriele

La sua risata fragorosa sembrerebbe un buon punto di inizio per raccontare Gabriele. D’altra parte, quando arrivi a Div.ergo, è molto probabile che tu lo senta molto prima di vederlo.
È una persona che ride, è la definizione secca di Mattia.
Ma negli appunti dell’intervistatore, l’argomento non ha lasciato molte altre tracce.

Allora ricominciamo. 

Quando guardo lui mi fa tenerezza, mi fa rendere felice per la giornata. 
È così che Mattia prosegue nel suo personale ritratto del collega.
Nelle lunghe ore trascorse insieme, gli occhi si posano sugli altri e sanno carpire, oltre gli aspetti più chiassosi, quei segreti che affiorano in silenzio, senza gran bisogno di parole o risa rumorose. Poco importa se Gabriele ha qualche difficoltà nel modo di parlare, bisogna dargli una mano, come sussurra Aurora. La relazione sa trovare i suoi linguaggi. È una persona che collabora, che dà una mano. A Pierluigi, tra l’altro.Quando c’è bisogno di una mano, aiuta, si presta, sottolinea Lucy.
È un compagno di viaggio e un bravo collega, aggiunge ancora Aurora.Quasi tutti i giorni si preoccupa di un amico. Dice: “Tutto bene? Come stai?”, racconta Andrea.

E qui si conceda all’intervistatore la licenza di un sorriso, perché quel “Tutto bene?” è il benvenuto di Gabriele ad ognuno, il suo biglietto da visita, e quasi sembra di sentirle quelle due parole mentre le dita battono sui tasti.
Una delicatezza che provoca al contraccambio.

Quando sta male ci preoccupiamo di lui. Gli do una mano, perché poi si arrabbia, se la prende con se stesso quando sta male, ci dice Mattia.
Anche Federica, che non manca di bacchettare i colleghi quando se lo meritano, specie in occasione dei loro ritratti, aggiunge al suo solito tono canzonatorio una nota di affetto, quando ricorda le défaillance del collega. Quel signorino non si pulisce le mani quando pesa la resina. Io ho detto: “Pulisci le mani, santo cielo! Soprattutto il bianco si sporca.” Gabriele non vuole capire certe cose, io mi arrabbio con lui. Se è capatosta? Sì, secondo me sì.Anche Lucy, che non si può dire la più prodiga di parole affettuose, si lascia sfuggire un po’ di ammirazione, come se facesse il tifo per il suo collega: è bravo a prendere la corriera. 
È più autonomo, si inserisce Federica.
Esce presto la mattina – continua Lucy – qualche volta lo vedevo per strada. Si affeziona molto alle persone: quando prendevo la corriera con lui, salutava tutti.

Vito Paradiso

I muretti a secco di Pierluigi

Pierluigi1

Quelli con le pietre riarse dal sole sono i più belli. 
Se poi sono coperti di rovi, di more, se le pale di fichidindia li rendono inaccessibili
allora sono proprio speciali.
Ogni pietra da sola, 
staccata 
e unita alle altre. 
Questo per decenni.
Di tanto in tanto un crollo, un varco che si apre 
e attende – anche per mesi – qualcuno che, con pazienza,
ricrei un equilibrio fatto di incastri mai perfetti,
con vuoti e pieni da cui può fare capolino una vita diversa: 
una lucertola, un fiore, una lumaca, un uccellino…
Non è un caso che Pierluigi sia l’artista dei muretti a secco.
Con le sue mani grandi impasta e ammorbidisce il fimo,
lo allunga, ne intreccia filamenti di bianco, di nero, di grigio, 
fino ad ottenere il colore che vuole. 
…e pietra dopo pietra li tira su.
Quei muretti, pietra dopo pietra, 
raccontano di lui:
dei suoi pieni di parole e di pensieri,
…dei suoi vuoti che attendono qualcosa;
delle distanze pietrose che sa mettere con gli altri,
dell’unità e della vicinanza che cerca e con trepidazione crea;
…dei suoi crolli, che son lì finché qualcuno, con pazienza,
non si ferma con lui per ridare equilibrio al suo sentire, alle sue proteste,
alle sue attese e alle domande spinose sulla vita, sull’amore, sul perché…
Raccontano le sorprese che nasconde
e fanno capolino 
e ci danno la speranza 
che i giorni più riarsi della sua esistenza 
possano manifestare, piano piano, una vita diversa.

di Maria Teresa Pati

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