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Si chiude con grande entusiasmo la campagna di raccolta fondi su EPPELA: oltre 60 donatori e il traguardo raggiunto.

MSD Crowdcaring ha raddoppiato l'importo

GRAZIE!!!

Fotovolontario

Fotovolontario - Adriana

adry

Parliamo un po’ di Adriana, dico.

La risposta di Pierluigi è muta ma chiara. Un sorriso quasi impercettibile: la bocca si distende appena, le palpebre dietro quelle lenti spesse si stringono e per un attimo gli occhi si smarriscono in chissà quale pensiero, prima di ritornare a piantarsi su di me, che incalzo: La conoscete?

E che dici di no? Risponde secco lui. È la sorella di Maty.

Certe parentele possono essere un po’ ingombranti. In effetti c’è chi, come Giulio, conosce appena Adriana e per tutto il nostro colloquio non sa andare molto oltre un so che è la sorella di Maty.

Federica, invece, ha ben altro da aggiungere:

È una persona rara.

Per lei Maty è stata un ponte per scoprire Adriana. Nella pratica, ben nota a Div.ergo, di adottare nuovi fratelli e sorelle tra i colleghi, Federica ha eletto anche Maty tra le sue sorelle acquisite, e lei mi ha detto che, se lei è mia sorella… ha detto: allora prendi anche Adriana!

Così è nato tra le due un sodalizio formidabile, rafforzato dalle ore passate a lavorare insieme, confezione dopo confezione, bomboniera dopo bomboniera.

Le voglio bene come a una sorella. È unica. Non c’è [un’altra come lei]!

Sebbene qualche frizione non manchi. Ha un difetto: non è puntuale. Ho detto: Adriana dove sei? È venuta dopo. Le ho detto: dobbiamo lavorare, sì o no?

Con il lavoro di sartoria per realizzare le nostre Zinzule, invece, Adriana ha imbastito il suo legame con Alessandra. Ago, filo e parole. Che Alessandra sgrana quasi a ritmo: Mi chiede, e io parlo… Lavoriamo… È vivace… Ma non so molto come è lei… È socievole. Ma non sa cucire molto bene (oh oh…).

Pierluigi ha un’opinione più lusinghiera sull’abilità sartoriale di Adriana. È brava molto con la stoffa. E prosegue, pensando a ben altro: È una persona molto generosa. Scherza poco, però è molto attenta a tutti i particolari, quello che si fa e quello che facciamo noi.

Laura, dal canto suo, ha una lunga storia di conoscenza di Adriana da cui attingere: Di lei posso dire tutto il bene possibile. Buona, simpatica, ironica, bella, sorridente. Siamo molto amiche anche fuori da Div.ergo. Quando siamo al mare facciamo il bagno insieme: parliamo della giornata.

Anche Giuliano dà il suo contributo al ritratto: lo fa a distanza, con uno scambio di messaggi:

  • Io direi che è molto disposta al dialogo e anche molto simpatica. Come difetto, non saprei.

E aggiunge:

  • Lei e Maty assomigliano molto poco come aspetto fisico, e anche come carattere.

Uhm… In cosa ti sembra diversa da Maty? Gli chiedo.

  • Per il fatto che lei non mi sembra severa.

L’ultima a mettere la sua pennellata a questo quadro è Aurora. Lei mi affida il suo punto di vista su Adriana mentre aspettiamo che la saracinesca del Laboratorio finisca di sollevarsi, schiudendo un nuovo pomeriggio di lavoro insieme. Poche parole.

È una donna molto fortunata.

Perché è molto amata.

Vito Paradiso

Fotovolontario -Gianfranco

Gianfranco

Oddio! Oddio! [si copre il viso con gli occhi]

Laura proprio non se l’aspettava che le avrei chiesto di parlarmi di Gianfranco, e quando ne sente pronunciare il nome, la sua reazione teatrale erompe, suscitando le risate divertite degli altri. Gianfranco è suo collega di lavoro ogni giovedì mattina, quando le tocca andare in missione dal Laboratorio in Officina per lavorare il legno. Ma è presenza fissa dei suoi discorsi già dal mercoledì e per tutto il venerdì, perché quel giovedì mattina incombe a lungo nei suoi pensieri, preoccupandola ventiquattr’ore prima e restando vivo nella memoria per le successive ventiquattr’ore. Il perché è presto detto.

Diciamo che sul lavoro è molto esigente. Perché lui vuole che le cose si fanno per bene. È simpatico, divertente, ironico… ma quando lavoriamo dobbiamo essere molto seri. E se succede quello che non deve succedere… Gianfranco perde la pazienza.

Tutto chiaro, insomma.

Chissà che quadro dipingeranno gli artisti dell’Officina, allora. Qui, però, la reazione al sentir pronunciare il nome è di tutt’altro tipo. Le mani si levano rapidamente in alto per prenotarsi, come raramente è accaduto nelle nostre conversazioni precedenti. Aurora opta per la dose forte di superlativi.

Devi dire che lui può essere il migliore volontario dell’associazione Divergo.

Uno come lui, non sono mai stata così bene in tutta la mia vita.

Un momento.

Stiamo parlando della stessa persona che conosce Laura? Aurora continua, spiegando perché si trovi così bene con Gianfranco. E fa capire che anche per lei è uno scoglio duro con cui confrontarsi.

Sono io che devo affrontarmi. Siccome lui è più grande di me, essendo io artista, devo portare rispetto a Gianfranco. E quindi è giusto che mi sento di dire che mi fa onore lavorare con lui e tutti i suoi lavori. Sono molto fortunata che mi fa lavorare il legno. Stare con lui mi fa imparare ad essere migliore artista. La mamma mi diceva di portare rispetto a chi è più grande.

Pierluigi segue il discorso senza smettere di levigare il pezzo di legno che stringe tra le mani. Anche quando tocca a lui parlare. E lui sì che ha cose da dire, essendo il partner di elezione per Gianfranco. Forza, Pierluigi, dimmi qualcosa anche tu, non farmi aspettare ancora. Si dà il caso che il tuo collega stia per arrivare, e sarebbe imbarazzante parlare di lui in sua presenza.

Per me non è imbarazzante. Essendo un amicone ci scherzo sopra. Dico: “Gianfranco, ‘ste scatole che sto facendo… alla fine mi rompo pure le mie che ho nella testa!” Ci aiutiamo entrambi, sia su come il legno è fatto, sia su come muoverci sugli strumenti da lavoro. E anche se a volte sbaglio e faccio la testa di chiodo [è il nostro modo per indicare chi si intestardisce sulle proprie posizioni e sembra portare inutilmente una testa sul collo, n.d.r.], cerco di seguire quello che vuol dire lui.

E se invece sbagli, lui cosa fa?

Mi corregge sulle parole e anche sui movimenti. Però giovedì ho sbagliato tre volte e ho dovuto cambiare lavoro. Ma non me la sono presa.

Vedi, se sto solo, come in questo momento, ce la faccio a seguire di più quello che lui ha detto. Ricordo il sistema. Invece, stando davanti a lui, un po’ l’emozione e un po’ l’amicizia che c’è… mi inganna questo.

L’intervistatore potrebbe già essere più che soddisfatto di quanto raccolto. Ma c’è tempo per un’ultima domanda. Insomma, per voi dell’Officina sembra che non abbia un difetto. O no? Aurora, ancora lei, si fa carico del compito di rispondere.

Il difetto di Gianfranco è che, quando arriva a una certa età… a volte perde lucidità, e ci rimprovera. “Questo non lo devi fare, così non si fa…” A me il legno piace, e vorrei continuare il legno. Il difetto che non mi piace è che lui è troppo sicuro di se stesso. Va fino in fondo nel suo lavoro, ma a me non piace quando perde la calma, quando è molto nervoso.

Io vorrei vederlo più calmo, tranquillo, sereno. E quando vedo pace nel mio lavoro, mi sento felice.

C’è anche chi, questi difetti, sa prenderli con leggerezza, senza farsi scalfire più di tanto. Federica racconta: Ho fatto il caffè, a lui non piaceva e mi ha messo il muso. Io me la sono presa. Poi gli ho detto:“Gianfranco, bevi un po’!”

Vito Paradiso

Fotovolontario - Vito

vito

Come spesso accade, lo sguardo degli artisti sui volontari rivela prospettive sorprendenti e inedite.

Così, quando nel vocabolario a loro disposizione, in genere essenziale ma non ordinario, cercano gli aggettivi per descrivere Vito, il primo che viene fuori è “bello”. Lo “grida” - letteralmente - Valentina M., che in altre occasioni ci ha regalato parole col contagocce, e tutti a confermare che Vito è proprio bello e si sforzano, di fronte alla sguardo basito di Marco e di Dora, di dare un contenuto più “corposo” all’espressione: è bella la sua bontà, spiega Pierluigi; le due Alessandra sottolineano la sua pazienza; Gabriele si spinge sull’iperbole e lo definisce “un tesoro”.

È così: là dove, nel nostro amico originario della Murgia più sassosa e spoglia, noi avremmo rimarcato la durezza del suolo e la vertigine delle gravine, loro ci hanno rivelato la forza e l’irruenza dell’acqua che si fa strada nella roccia, dà vita a paesaggi nascosti, emerge lì dove non te l’aspetti. È una miniera di cose poco appariscenti quella che l’affetto dei nostri artisti disvela con energia: la sua abilità con la carta, quella con il fimo, la sua simpatia e la sua dolcezza, il suo lavoro di ortolano alla Casetta, esperto nella semina, nella cura e nella raccolta, lavoro che, a dire di Alessandra, assorbe in maniera esagerata i suoi pensieri.

Ed è quando si passa dal cuore e dalle mani ai pensieri, infatti, che emergono le zone d’ombra di Vito, come quegli orridi in cui si incunea il flusso delle acque che, in quelle ristrettezze, si gonfiano, si arrotolano su se stesse, acquistano capacità distruttiva. “Certe volte sembra che stia da un’altra parte”, dice Giulio, parlando della sua distrazione, mentre Valentina lo associa a sé come un fratello maggiore “perché siamo tutti e due permalosi”.

D’altra parte, uno nato a Matera non può non avere la testa come un sasso. Ma il sasso può essere lanciato per colpire o per ricadere al suolo, oppure può fare da fondamenta o essere abitato da altri, magari dopo un bel lavoro di restauro.

E così fa Vito ogni giorno: si fa casa accogliente per gli artisti che lavorano con lui, lavorando lui stesso sulla sua durezza e spigolosità, perché ciascuno possa trovare in lui un fratello, anzi – come dicono in coro i nostri artisti – un fratello maggiore.

Eupremio Luigi Greco

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